#SPES

Sostenere e Prevenire Esperienze di Suicidalità in adolescenza

durata

60 minuti

destinatari

Un pubblico adulto, insegnanti, genitori, educatorɜ.

Drammaturgia e regia

Alessandra Rossi Ghiglione

In scena

Elisa Denti, Fabrizio Stasia

Assistente alla produzione

Francesca Carnevali

Una produzione SCT CENTRE/Teatro Popolare Europeo in collaborazione con UniTo Dipartimenti di Scienze della Sanità Pubbliche e Pediatriche, Studi Umanistici, Psicologia, di Filosofia e Scienze dell’Educazione, Neuroscienze.

Lo spettacolo #SPES nasce, nell’ambito del progetto di ricerca SPES dell’Università di Torino,  per un pubblico di insegnanti, genitori, educatori, adulti che hanno la volontà e il coraggio di comprendere una delle esperienze più dolorose del mondo degli adolescenti, quella di un disagio mentale che porta alla morte.

Lo spettacolo offre informazioni ed emozioni che, insieme alla lezione/incontro di educazione sanitaria che segue lo spettacolo, costituiscono un’unica e speciale proposta formativa per comprendere e riconoscere i segnali e attivarsi in modo efficace nell’incontro con una persona giovane in difficoltà, che sia alle medie o alle superiori.

Il teatro da sempre è uno spazio artistico attraverso il quale è possibile nominare e rendere visibile i temi, anche più scuri, che abitano una società e che la muovono a livello profondo. Il suicidio o il tentato suicidio di una persona giovane è una “cosa irraccontabile”, dice a un certo punto lo spettacolo. E questo è vero, ma sono raccontabili le circostanze che possono  creare quel disagio e quella sofferenza profonda che toglie speranza in un cambiamento e in una via d’uscita.

#SPES accoglie questa sfida partendo dai racconti, dalle suggestioni musicali e dai gesti raccolti in un lungo percorso di laboratori teatrali condotti con adolescenti ricoveratɜ nel reparto di Neuropsichiatria Infantile dell’Ospedale Regina Margheritacon professionistɜ della  salute mentale, pediatrɜ, infermierɜ ed educatorɜ e con insegnanti di scuola medie e medie superiori. Tre gruppi di persone che hanno, in modo diverso, attraverso il teatro sociale e di  comunità, condiviso consapevolmente la loro esperienza con il disagio mentale e con il  suicidio per contribuire alla realizzazione di questo spettacolo.

Le parole dello spettacolo sono quasi tutte, tranne poche, parole di adulti. Perché i  ragazzi e le ragazze non parlano, se non dopo, in ospedale, nei lunghi e difficili percorsi terapeutici di recupero. Ma lɜ adolescenti, come ogni adolescente di ogni generazione, hanno le canzoni. Lo spettacolo propone una drammaturgia fatta di video musicali e testi recitati che si intrecciano, in cui i testi delle canzoni sono parole che raccontano quanto le battute dellɜ due attorɜ. Tutti i video dello spettacolo, anche con le loro immagini a volte forti a volte algide, sono stati suggeriti da adolescenti per parlare della loro condizione di disagio.

La scelta artistica è quella di assumere fino in fondo la distanza reale che separa il mondo delle persone adulte, una generazione che è stata adolescente tra gli anni Ottanta e Novanta, e quello dellɜ ragazzɜ che sono adolescenti in questi anni Venti del Duemila. Nessuno degli attori interpreta unə adolescente. Anzi lo spettacolo stesso inizia con la narrazione proprio di questa distanza di esperienza tra l’adolescenza passata delle persone adulte e l’adolescenza di oggi.

La radicale diversità della comunicazione – che incide sia sulle relazioni tra pari che sulla costruzione di un immaginario fatto di storie forti consumabili da soli e in  fretta – così come il senso di apocalisse in cui la Storia si mostra in questi anni di guerre, crisi  e pandemie a questa generazione, sono due aspetti che creano una condizione emotiva e relazionale profondamente diversa per questa generazione. In questo humus vivono lɜ  ragazzɜ  di oggi, senza un “futuro dal colore chiaro”.

In questo humus possono più  facilmente diventare distruttivi fatti quali l’ansia per un voto, il dolore della separazione dei genitori, le prese in giro anche crudeli dei compagni, tutti fatti sempre esistiti per ogni adolescente ma oggi vissuti con molta maggiore intensità.

La scuola è lo spazio di vita dove unə adolescente passa la maggior parte del proprio tempo e manifesta il proprio disagio e in questo spazio lɜ insegnanti possono cogliere segnali, che sono sempre di difficile interpretazione, e rispetto ai quali non sempre si sa come attivarsi. Anche questo è racconto di insegnanti nello spettacolo.

Se il mondo “bianco e azzurro” dell’ospedale è il mondo faticoso e necessario in cui  l’aggrovigliarsi delle emozioni e dei pensieri può essere dipanato lentamente da operatorɜ essɜ stessɜ carichɜ e affaticatɜ da tanto dolore, ogni mondo adulto – la famiglia, la scuola, la società civile – può testimoniare concretamente speranza e fiducia nella vita, può testimoniare nei fatti che dopo “la pioggia e la nebbia” può sempre venire il sole.

Lo spettacolo si chiude su una canzone degli anni settanta oggi reinterpretata e diventata virale grazie a una serie su un’adolescente problematica, Mercoledì Addams. Centinaia di  balli ispirati a questa musica – di bambinɜ, adolescenti, genitori, famiglie intere – hanno invaso i social negli ultimi mesi. È una moda effimera, ma è anche il mondo in cui abitano i ragazzi e le ragazze, quello dei reel e delle serie. Possiamo ignorarlo o possiamo ballare insieme, vecchi e nuovi adolescenti.

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